Non ci crederete, ma quest’azienda, nuova nuova, fa solo questo vino, un rosato, e appena in duemilaquattrocento bottiglie. Niente di più. Per ora. Poi farà anche gli altri vini della doc bresciana del Garda Classico, ma resterà piccolina, micro.
Capaci tutti di fare duemila bottiglie e via, obietterà qualcuno. Ri-obietto: fatele voi, allora, così.
Sì che vale la pena parlarne, perché se il buon giorno si vede dal mattino (è il primo anno che si fa vino), qualcosa me l’aspetto da questi qui di Vedrine. E i «questi qui» sono due soci, Dario Ferrarini e Derio Debalini. Il secondo lo conoscevo già. Ha un’altra aziendina piccina picciò a Muscoline: si chiama Riviere e non ne ho ancora parlato su InternetGourmet, ma credo che ne parlerò, ché merita attenzione, e m’ha sempre dato l’impressione di essere lì che spicca il salto. Per cui i presupposti esistono tutti.
Eppoi Vedrine è un progetto chiaro: fare vini di territorio dentro la doc, ma in maniera personale, che sennò non vale la pena. E di personalità questo Chiaretto ne ha, eccome.
Intanto, niente fruttino-fragolina com’è quasi una costante di riva benacense. O meglio, il frutto c’è, ma è soprattutto la nota verde freschissima, quasi di clorofilla, a colpire e piacere. Ed ha bella freschezza, e vena floreale, e anche carattere e tensione e un finale quasi tannico che lascia una bocca piacevolissima e netta, senza quel residuo d’amabilità che connota troppe bottiglie gardesane. Insomma: un’interpretazione del Chiaretto sui generis, forse capace d’indicare una strada.
Direte: non basta una bottiglia per farsi entusiasmare. ma, vedete, quest’è la quarta volta che il Chiaretto lo provo da giugno a qui ed è la quarta che mi convince.
Adesso bisogna vedere se il duo si saprà confermare su questi livelli nel rosato e nei vini che verranno. Ma se così fosse, be’, il nome di Vedrine ce lo dovremmo tenere bene a mente. Auguri.
Due lieti faccini :-) :-)
19 agosto 2006
domenica 3 febbraio 2008
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